Madina era una bambina afgana che ha vissuto per alcuni mesi nel Campo di Bogovadja in Serbia dove stiamo dando supporto ai rifugiati tramite una serie di progetti nati dopo l'apertura del Social Café.
A fine novembre Madina e la sua famiglia non facendocela più a vivere nelle condizioni imposte nel campo hanno scelto di provare ad attraversare il confine con la Croazia.
Purtroppo Madina è stata vittima di un tragico incidente che forse si poteva evitare.
Di seguito la testimonianza di Rashid, fratello di Madina, e l'articolo apparso su www.medium.com
"Abbiamo camminato in territorio croato, oltre il confine con la Serbia, per circa due ore quando la polizia ci ha preso e abbiamo detto che dovevamo tornare in Serbia. Eravamo 8 persone quella notte, tra il 20 e il 21 novembre. Era buio ed eravamo stanchi. Mia madre mi ha chiesto se potevano fermarci per la notte, perché stavamo viaggiando con mia sorella di 6 anni e i miei due fratellini di 3 anni e di 1 anno e 6 mesi.
La polizia ci ha portato sui binari del treno e non c'era luce. Nessuno ha detto nulla che a quell'ora avrebbero potuto passare dei treni, nessuno ci ha avvertito. Non lo sapevamo. Stavamo camminando e improvvisamente abbiamo sentito il rumore del treno. Ci siamo tutti messi da parte. Tutti, tranne Madina.
Il treno si è fermato e, nella luce, l'ho vista distesa a faccia in giù. Sono andato da lei, le ho alzato la testa e ho visto il sangue. L'ho presa tra le mie mani.
È arrivata la polizia e io mi sono seduto nella macchina della polizia con Madina, mentre il resto della famiglia era fuori. Non so se fosse morta o viva, ma penso che fosse morta. Dopo un po' è arrivata l'ambulanza e ha caricato Madina. Volevamo andare con lei, mia madre in particolare, ma non ce l'hanno permesso. Non ci hanno detto dove l'avrebbero portata.
Poi mia madre ha chiesto: dov'è la mia bambina? E volevamo andare a Zagabria per aspettare notizie su Madina. La polizia ci ha detto che Madina è stata portata all'ospedale di Belgrado e abbiamo deciso di andare a Belgrado.
Ma quando siamo arrivati a Belgrado, abbiamo chiesto di nuovo, e hanno detto che Madina non c'era.
- Rashid (15), il fratello di Madina
La polizia croata ha delle responsabilità nella morte di una bambina afgana al confine con la Serbia?
Questa mattina siamo venuti a conoscenza della tragica scomparsa di una bambina di sei anni sui binari del treno vicino al valico di frontiera Šid-Tovarnik.
Testimonianze di volontari e di persone che si trovavano nelle vicinanze dell'incidente affermano che la famiglia afghana, insieme ad altri rifugiati, è stata respinta dalla polizia dalla Croazia immediatamente prima della tragedia. Secondo i loro racconti, la piccola figlia della famiglia afgana è stata investita da un treno merci a pochi metri dal punto in cui si è verificato il respingimento. Sembra che la polizia croata abbia consentito l'ingresso alla famiglia nel territorio croato, per poi espellerla nuovamente dal Paese.
Molte organizzazioni, tra cui Medici senza Frontiere, UNHCR, ECRE, così come molti giornalisti stranieri, hanno riferito di sistematici respingimenti illegali di rifugiati dalla Croazia, la maggior parte dei quali si è verificata nel punto esatto in cui si è verificata la tragedia.
I dati Medici senza frontiere parlano di 7 morti avvenuti al confine tra Croazia e Serbia, e tre di quelli che sono morti erano bambini. Questo è il risultato diretto delle politiche di confine chiuse e la sistematica negazione del diritto di chi cerca protezione internazionale in Croazia.
Questo tragico evento serve a ricordare che le leggi nazionali e internazionali stabiliscono che il diritto di cercare protezione internazionale (asilo o protezione sussidiaria) in Croazia appartiene a qualsiasi essere umano in stato di bisogno, ma questo diritto viene sistematicamente negato, mettendo a ulteriore rischio le vite e il benessere della popolazione di rifugiati già vulnerabile.
Se ci fosse stato modo di prevenire questa orribile tragedia e se si fosse verificata una condotta illegale da parte della polizia croata, ci aspettiamo le sanzioni più severe per i responsabili.
FONTE: Medyum.com